sabato 19 marzo 2011

ANALISI DEL SECONDO CAPITOLO DEI PROMESSI SPOSI

Manzoni incomincia il secondo capitolo col mettere a confronto Don Abbondio con Luigi II di Borbone , perché quest’ ultimo era famoso per  il suo aneddoto esemplare sulla tranquillità prima del grande scontro , mentre il nostro curato era tutto l ‘opposto , timoroso , ansioso , spaventato ….. (si racconta che il principe di Condé …. fu spesa in consulte angosciose.). Manzoni Continua poi a raccontare le riflessioni di Don Abbondio , tormentato dall’ incontro dei bravi ,da quello che li avrebbero potuto fare, dalle reazioni di Renzo ,da inseguimenti , d’ agguati, e dal modo di riuscire a non celebrare il matrimonio . Riesce finalmente ad addormentarsi quando escogita di convincere  Renzo a rinviare le nozze fino alla prima domenica dell’Avvento, perché poi le nozze sarebbero state impedite dalla Chiesa fino al periodo dell’Epifania. Il suo sonno è tormentato da immagini di bravi, viottoli, Don Rodrigo.  Al mattino attende trepidante Renzo che non si fa aspettare, perché è il giorno fissato per le nozze e si reca dal curato per concordare l’ora. Il giovane è felice e rimane sconcertato quando il prete cerca delle scuse parlando in latino (“impedimenti e dirimenti”), per confonderlo e per marcare ancora di più chi era quello colto tra loro. Però, alla fine, pur sospettoso,Renzo  accetta di attendere una settimana. All’uscita incontra Perpetua e capisce, parlando con la donna, che qualche “birbone potente” non vuole che si celebri il matrimonio. Si precipita di nuovo in casa del curato, riesce a sottrargli la chiave, chiude la porta e minacciandolo riesce a sapere il nome del potente che non vuole che si celebri il matrimonio : è Don Rodrigo. Dopo essersi in qualche modo scusato con il curato terrorizzato per quello che potrà accadere, corre fuori con pensieri omicidi. Tuttavia gli viene alla mente l’immagine di Lucia ed è felice di non aver commesso crimini, si dirige alla casa della futura sposa che si sta preparando per le nozze, aiutata dalla madre e dalle amiche. Renzo la fa chiamare dalla piccola Bettina, compare così Lucia che viene descritta come una giovane pudica, bella per la sua felicità e per l’abbigliamento non consueto, una ragazza semplice e buona. Renzo riferisce a Lucia di Don Rodrigo, lei arrossisce e fa intendere di aver avuto a che fare con quel prepotente, ma che non ha parlato per motivi giusti e puri. Lucia torna in casa avvisa le comari che il matrimonio è rinviato perché il curato è ammalato.

ANALISI DEL PRIMO CAPITOLO DEI PROMESSI SPOSI

Manzoni nel primo capitolo ,inizia con accurata e realistica descrizione dei luoghi dove vivono Renzo e Lucia i protagonisti della storia. Con un’ampia panoramica si sofferma a mostrare il lago, i monti che lo circondano, il fiume Adda, il borgo di Lecco e i paesi intorno, in seguito passa all’ambientazione storica della vicenda, raccontando della dominazione spagnola in queste terre con soldati stranieri che commettono violenze sulle donne, saccheggi nei campi e soprusi di ogni genere. Manzoni per descrive il paesaggio come se lo vedesse dell’ alto , a tale scopo utilizza molte carte geografiche e guide turistiche del luogo.
La vicenda inizia così: è la sera del 7 novembre 1628 e Don Abbondio passeggia, come è solito fare, leggendo il breviario. Ad un certo punto, ad una biforcazione della strada, nei pressi di un tabernacolo dipinto, vede due figuri che non avrebbe mai voluto vedere, sono due bravi che stanno aspettando proprio lui. Portano i capelli lunghi, raccolti in una reticella dalla quale esce solo un ciuffo che ricade sulla fronte, e dai vestiti si intravedono armi spaventose. La specie dei bravi era molto diffusa in quegli anni e il Manzoni fa un minuzioso elenco di leggi di quell’epoca, che prevedono pene severe per i bravi, che sono al servizio dei potenti.
Il Manzoni, con ironia, ci fa comprendere l'inefficacia delle leggi , perché comunque anche chi le deve fare rispettare, non osa mettersi contro i potenti.                                                           Don Abbondio capisce egoisticamente che i bravi stanno aspettando proprio lui, dopo aver guardato se per caso ci fosse qualcuno che potesse soccorrerlo e cercato inutilmente vie di fuga li va incontro, ostentando finta tranquillità, recitando il breviario ad alta voce quasi per farsi compagnia e darsi coraggio.
I bravi gli bloccano la strada e con minacce di morte gli intimano di non celebrare il matrimonio tra due giovani del luogo: Renzo Tramaglino, un filatore di seta e Lucia Mondella, una lavoratrice della filanda.
Don Abbondio è spaventatissimo, cerca di lusingare i due e di giustificarsi dicendo che a lui non viene nulla in tasca se quei ragazzacci vogliono maritarsi. Si mostra subito complice e si dichiara disposto all'obbedienza, soprattutto quando sente il nome di don Rodrigo, il padrone dei due bravi. I due dopo averlo minacciato lo salutano frettolosamente con un imprecazione, certi dell’obbedienza del curato, il quale invece vorrebbe ora trattenerli e chiedere consiglio per non celebrare il matrimonio.
Il Manzoni si sofferma nuovamente ad illustrare il clima di sopraffazione che caratterizza il Ducato di Milano sotto la dominazione spagnola: i potenti possono impunemente commettere ogni tipo di violenza, mentre i deboli sono costretti a subire senza nessuna protezione ed elenca le vari classi sociali dell’epoca (clero, nobili, militari,mercanti, artigiani, giurisperiti) con i vantaggi che ne derivano facendone parte. Da lì, l’Autore prende spunto per descrivere e giustificare la psicologia di Don Abbondio.
Quest’ultimo, fin dalla fanciullezza, si rivela un debole e un timoroso, incapace di affrontare le difficoltà della vita in un'epoca tanto violenta: un vaso di terra cotta fra tanti vasi di bronzo. Egli, non per una vera vocazione religiosa, sceglie la strada sacerdotale ma perché gli da la possibilità di appartenere ad una classe privilegiata e protetta.
Don Abbondio per poter star tranquillo e non cacciarsi nei guai, bloccato dalla paura, ha un comportamento caratterizzato dal servilismo, dall’opportunismo che lo porta a stare sempre dalla parte del più forte e a giustificarne i comportamenti, criticando chi non pensa ai fatti propri.
Così mentre intraprende la strade verso la curia, fra sé e sé immagina le reazioni di Renzo, buono come un agnello se non contraddetto e ripensa a ciò che avrebbe dovuto dire ai bravi. Avrebbe dovuto mandarli direttamente da quei due giovani, si rende però conto che questo sarebbe stato troppo. Così segretamente insulta quel don Rodrigo, che tante volte aveva difeso quando altri avevano inveito contro di lui. Giunge così a casa affannato e spaventato, dove lo attende Perpetua, la sua serva. Da una parte Don Abbondio non vede l’ora di confidarsi, dall’altra la donna non vede l’ora di sapere. Così dopo molti tentennamenti e giuramenti, finalmente il povero curato si sfoga e si confida con lei, ma non accetta i suoi consigli. Infine, stremato, va a dormire, ma prima di ritirarsi fa giurare alla donna di non dire a nessuno questo fatto.
sequenze
Il primo capitolo è suddiviso in sei macrosequenze.
1. I rigo al 93 rigo-  Questa sequenza è prevalentemente descrittiva dove vengono in modo quasi tangibile descritti i luoghi della vicenda Manzoni per descrive il paesaggio come se lo vedesse dell’ alto , a tale scopo utilizza molte carte geografiche e guide turistiche del luogo.
 E’ individuato il tempo della storia (XXVII secolo epoca della dominazione spagnola), ha inizio la narrazione della vicenda, è individuato il tempo della narrazione (7 novembre 1628). Con narrazione descrittiva e romanzesca l’Autore descrive la passeggiata di Don Abbondio fino all’incontro con i bravi.

2.94 rigo al 124–la seconda sequenza è sempre descrittiva e qui Manzoni utilizza un ritmo lento e minuzioso per elencare i provvedimenti che i vari Signori hanno adottato contro i bravi in un arco temporale che va dal 1583 al 1632 a testimoniare che all’epoca dei fatti questa specie era ancora florida.

3. 125 rigo al205- la sequenza è di tipo narrativo e qui Manzoni racconta l’incontro di Don Abbondio con i bravi. Con una narrazione più veloce, caratterizzata da descrizioni e dialoghi che mettono in evidenza gli aspetti contrapposti dei personaggi: da una parte l’arroganza e l’impudenza dei bravi e dall’altra il terrore, la complicità, i gesti meccanici di Don Abbondio.

4.206 rigo al275 :Questa è una sequenza argomentativa, dove Manzoni espone il significato psicologico del comportamento del povero curato e dove sono ricordate le tante leggi e leggine invano emanate per dissuadere dalle prepotenze e viene descritta una società divisa in classi che hanno dato vita a corporazioni per rendere più forti i loro appartenenti.

5.275rigo al 369: Sequenza descrittiva , viene esposto il personaggio di Don Abbondio con tutte le sue caratteristiche inserito in un contesto storico in cui bisognava trovare il modo di difendersi dalle prepotenze.
Viene anche descritto che Don Abbondio imbocca la strada verso casa terrorizzato per l’incontro.


6. 370 rigo al 455: in questa sequenza troviamo il dialogo tra Don Abbondio e la serva Perpetua. Il ritmo del racconto è veloce per i battibecchi fra i due. Don Abbondio dopo tante esitazioni “vuota il sacco” e Perpetua dà consigli che non vengono accolti dal curato che si rifugia nella sua stanza stremato e pentito per la rivelazione.


Ritmo narrativo:
- lento nella parte descrittiva dei luoghi, nella elencazione delle leggi e più veloce nei dialoghi tra Don Abbondio e i bravi e tra Don Abbondio e Perpetua.

Personaggi:

Don Abbondio: protagonista del 1° capitolo, curato del paese che dovrebbe unire in matrimonio Renzo e Lucia. Pauroso, definito simbolicamente vaso di terra cotta in mezzo a tanti vasi di ferro. Cerca di evitare i contrasti, di essere neutrale e se proprio deve di mettersi dalla parte del più forte. Religioso non per vocazione ma per rientrare in una classe protetta. Pauroso fin dalla giovinezza, molto rispettoso dei potenti. Personaggio che presenta tratti di comicità soprattutto nel dialogo con Perpetua. Estremamente egoista, quando vede i bravi è stizzito perché si accorge che sono lì per lui.
Bravi: prepotenti dall’aspetto caratteristico, intorno al capo potano una reticella verde, che cadeva sull'omero sinistro, dalla quale esce sulla fronte un enorme ciuffo, hanno lunghi baffi arricciati in punta, armi ben visibili. A prima vista si davano a conoscere per individui della specie de' bravi. Arroganti, utilizzano un linguaggio minaccioso ed irriverente. Intimidiscono il povero curato sia con le parole sia con i gesti facendogli capire che ne va della vita.
Perpetua: è la serva fedele di Don Abbondio a lui molto affezionata, che vuole proteggerlo, ma desiderosa di sapere. Pettegola, ma di animo buono e spontaneo. Dà al padrone il saggio consiglio di rivolgersi all’arcivescovo che è un sant'uomo, un uomo di polso, che non ha paura di nessuno.

ANALISI DEL QUARTO CAPITOLO DEI PROMESSI SPOSI

Manzoni inizia il capitolo con Padre Cristoforo, che avvertito da Lucia, esce dal suo convento di Pescarenico e si reca alla casa delle due donne. Il primo capitolo si  apre con una ampia descrizione della natura: è mattina presto di una giornata autunnale, la descrizione è di una campagna lieta luminosa la quale si contrappone con un paesaggio umano molto triste ,con mendicanti  che chiedono l’ elemosina per lavoro e mendicanti per recente miseria << … il sole …..tendere la mano … rig.1 al 17>> Padre Cristoforo era una frate di circa sessant’anni ,aveva il capo rasato tranne per una corona di capelli, secondo il rito dei frati cappuccini, e aveva un carattere fiero e pronto all’ azione ma sempre costantemente controllato dalla volontà e due occhi incavati ma vivaci. Il suo vero nome era Lodovico.                                                            Lodovico aveva una natura umile , buona ,generosa ma anche violenta, era figlio di un mercante, ed era stato abituato sin da giovane all'agiatezza e al lusso (perché il padre voleva entrare nella classe aristocratica del luogo e quindi si atteggiava da tale e quindi educando il figlio come un piccolo nobile), era intollerante verso le ingiustizie, come il padre, e si ribellava all'ostilità del mondo aristocratico, lottando apertamente contro i suoi rivali e schierandosi a fianco dei deboli oppressi. Questa sua natura lo portò più volte all’ idea di farsi frate e questo suo atteggiamento lo portò al famoso duello che occupa gran parte del capitolo dove alla fine del duello diventa frate. Un giorno mentre era in compagnia del suo fedele Cristoforo incontrò un nobile spavaldo che lo sfidava non dandogli la precedenza nella strada. I due lottarono, Lodovico più per difendersi, l’altro per ucciderlo, a questo punto il fedele Cristoforo si sacrifica per lui e venne ucciso al posto di Lodovico, quest’ ultimo a sua volta uccide il nobile. A questa vicenda fa da sfondo il popolo che assiste all’ incidente e che convince Lodovico a entrare nel convento li vicino per salvarsi.                                                                                                   Allora Lodovico decise di farsi frate per espiare la sua colpa e in memoria dell’ accaduto e di Cristoforo prese lo stesso nome. Il fratello e i parenti dell’ucciso vollero vendicarsi del torto subito, e organizzarono una festa del perdono dove il frate si recò per chiedere il perdono della famiglia , vestita in pompa magna per umiliare il frate. Ma quando il frate chiese perdono al fratello e alla famiglia , che rimasero talmente colpite dall’ umiltà, dal pentimento che quasi si commossero e chiesero loro scusa per l’accaduto. La stessa folla di nobili acclamò il frate, che umilmente se ne andò  accettando solo un pane come dono di quel gentiluomo (pane del perdono). Il frate quindi si allontanò per espiare la sua colpa, lieto in cuor suo del perdono ricevuto.

SEQUENZE
Il quarto capitolo si può suddividere in 6 macrosequenze
·         LADESCRIZIONE DELLA NATURA E LA PARTENZA DAL CONVENTO DEL FRATE PER GIUNGERE DA LUCIA(DAL RIG. 1 AL RIGO 34) In questa sequenza Manzoni descrive minuziosamente il paesaggio autunnale , e mette  in contrato il paesaggio naturale con il paesaggio umano , cioè mette in contrasto la serenità della natura con la tristezza e la difficoltà della la crisi economica << la scena era lieta, ma ogni figura d’uomo che vi apparisse, rattristava lo sguardo e il pensiero. Ogni tanto s‘incontravano mendichi laceri e macilenti, o invecchiati nel mestiere, o spinti allora dalla necessità a tender la mano.>> rig.  15 – 17, e inoltre Manzoni sottolinea la crisi economia con i primi segni che annnunciano la crisi economica come << ….. gettando le lor semente ,rade , con risparmialtri spingevan la vanga come a stento , e rovesciavano svogliatamente la zollala fanciulla scarnala vaccherella magra stecchitaa rubarle, per cibo della famiglia , qualche erba , di cui la fame aveva insegnato che anche gli uomini potevan vivere>> rig. 22 – 28.
·         BIOGRAFIA DI FRA CRISTOFORO : LE ORIGINI FAMILIARI E LA GIOVINEZZA (RIG. 35 AL 120).  Con la tecnica del flash back Manzoni narra le origini del frate, figlio di un mercante, e la sua giovinezza (quella di Lodovico). Lodovico è il nome di Fra Cristoforo prima di diventare frate. Manzoni prima di iniziare con il lungo flash back applica il classico “ritratto manzoniano”, dove i particolari fisici sono rivelatori della personalità : il carattere fiero e deciso evidenziato da un capo raso, salvo una piccola corona di capelli, la barba bianca e lunga,che evidenziavano due occhi profondi e incavati che talvolta sfolgoravano come cavalli bizzarri , a fatica controllati da un cocchiere , che  sanno di non poterlo battere e pagano la loro vivacità con una buona tirata di morso.                                                                                                                  Successivamente  Manzoni ci descrive la personalità di Lodovico facendoci capire che quest’ ultimo, anche se abituato ad essere trattato come un nobile , per integrarsi con gli atri nobili doveva sempre subire umiliazioni e questo andava sia contro la sua educazione e sia contro il suo carattere , per questo si allontanò da loro . Inoltre provava orrore spontaneo e sincero per i supprusi dei nobili verso i deboli e questo lo portò più volte a scontrarsi contro di loro. Manzoni termina questa sequenza con un asindeto che viene usato per un rapido e incisivo sommario degli stati d’ animo di Ludovico <<… o scoraggito , dopo una triste riuscita , o inquieto per un pericolo imminente, annoiato del continuo guardarsi , stomacato della sua compagnia , in pensiero per l’ avvenire , per le sue sostanze che se n’ andavan , di giorno in giorno , in opere buone e in braverie, più d’ una volta gli era saltata la fantasia di farsi frate; che a quei tempi era l’ impiego più comune , per uscire dagli impicci … >> rig. 153-155.

·         IL DUELLO: LA MORTE DEL SERVO CRISTOFORO E L’UCCISIONE DEL NEMICO (RIG. 121 AL 181)
In questa macrosequenza inizia la prima delle sequenza dialogiche del capitolo : lo scambio di battute tra Lodovico e il nobile che non voleva dargli la precedenza. In questa macrosequenza inoltre possiamo notare vari elementi che ci fanno capire che la società del Seicento era basata sulla violenza <<
io spezzerò questa,quando sarà macchiata del tuo vil sangue …>>rig. 165 …. La macrosequenza termina con la morte del servo Cristoforo e del nobile .
·         LODOVICO SI RIFUGIA PRESSO UNA CHIESA DEI CAPPUCCINI: LA VOCAZIONE E LA DECISIONE DI FARSI FRATE (RIG.  183 AL 289).                                                           Questa è la sequenza principale del capitolo perché è quella dove Lodovico decide di diventare Frate. In questa sequenza, per la prima volta, incontriamo la folla come un personaggio che assise , discute, chiede notizie dell’incidente . Questo metodo di introdurre,appunto , la voce del popolo prende il nome di VOX POPULIS e avviene mediante un discorso diretto libero.                                                                                                            
Qui la sequenza si apre con la voce del popolo e con Lodovico, ferito, che viene portato dentro al convento dei cappuccini dove un padre dice a Lodovico di stare tranquillo perché il nobile ucciso chiedeva  e concedeva PERDONO( PAROLA CHIAVE DEL CAPITOLO) . QUESTA PAROLA non confortava Lodovico perché i suoi sentimenti erano confusi :dolore per l’ amico morto , sgomento e rimorso per l’ incidente e compassione per la sua vittima. Infatti, Lodovico pensando di essere lui la cagione della morte di Cristoforo prega il padre affinché cercasse la vedova del servo e gli chiedesse in suo nome PERDONO. E in questo modo, riflettendo sull’ accaduto , sente rinascere in lui il desiderio di farsi frate , e così fece chiamare il padre guardiano e gli manifestò il suo desiderio , lasciando tutto il suo patrimonio alla famiglia di Cristoforo , alla moglie e agli otto figli . Quindi Manzoni ci fa capire che la vocazione religiosa di Lodovico è ispirata non dal timore della vendette , ne da un ‘ impulsività di carattere , ma da un’ esigenza spirituale.                                                                                                                         In questa macrosequenza avviene la seconda sequenza dialogica del capitolo riferita con un discorso indiretto che risalta l’abilità diplomatica e retorica del padre guardiano(rig. 263-274).  La sequenza termina con Ludovico che
<<…. Si ravvolse nel sacco (indossa il saio da frate) … >> e che cambia nome in Fra Cristoforo, per ricordarsi sempre ciò che aveva da espiare.
·         LA FESTA DEL PERDONO:  (RIG. 290 AL 428)
La festa del perdono è l’ incontro tra il colpevole e la famiglia della vittima : Fra Cristoforo (colpevole) si reca,assieme al padre guardiano , a porgere le proprie scuse alla famiglia della vittima.
Prima del discorso di Fra Cristoforo , è da sottolineare la riflessione del narratore che crea una sospensione, fermando la scena : l’ attesa si fa più emozionante , si annuncia un cambio d’ atmosfera (climax) .
In questa sequenza si svolge il terzo dialogo del capitolo tra il fratello della vittima e Fra Cristoforo: emergono l’ umanità del frate e la commozione della famiglia, colpita dall’ umiltà dell’ uccisore. Ne segue il PERDONO generale. Cristoforo non accetta però nessuna carità dal fratello della vittima , tranne un po’ di pane (il pane del perdono) , che porterà sempre con sé.  In questa sequenza termina “la costruzione ad anello” con cui Manzoni costruisce il capitolo , infatti qui termina la digressione sulla vita di Fra Cristoforo , e si “ritorna” all’ arrivo di Fra Cristoforo a casa di Lucia.
·         FRA CRISTOFORO GIUNGE A CASA DI LUCIA ( RIG. 428 AL 432)
In questa sequenza termina , come detto prima, la digressione sulla vita del frate , e si ritorna alla “realtà” , cioè al suo arrivo a casa di Lucia.

LUOGHI
*      Primo luogo, dove è ambientato il capitolo, è la serena e tranquilla campagna autunnale messa in forte contrasto da Manzoni con il paesaggio triste dell’ uomo.
*      Il secondo è un luogo cittadino : la strada dove avviene il duello . Questo luogo è pensato da Fra Cristoforo come segno del volere di Dio, che era d’ accordo con lui sulla decisione di diventare frate .
*      Il terzo luogo è il convento, luogo molto importante nella storia perché è proprio li che il frate riflette sull’ incidente e prende a decisione di diventare frate per una propria esigenza spirituale.
*      Quarto luogo è il palazzo del fratello della vittima uccisa da Fra Cristoforo, dove, riunita tutta la parentela della vittima in “pompa magna”, il frate chiede perdono dell’ incidente e con il suo atteggiamento e il suo discorso riesce a commuovere la famiglia.
TEMPO DELLA STORIA : Manzoni applica in questo capitolo la costruzione ad anello cioè , come appunto un anello , incomincia con Fra Cristoforo che si dirigeva verso casa di Lucia , continua con una digressione sulla sua vita ( centrata maggiormente sui suoi trent’anni). Alla fine ritorna “alla realtà” con Fra Cristoforo che giunge a casa di Lucia.

PERSONAGGI
FRA CRISTOFORO : primo personaggio storico del romanzo , la prima cioè di quelle figure realmente che Manzoni riprende e adatta alla sua opera letteraria.                                                      Le principale caratteristiche morali di Fra Cristoforo sono: l’ avversione attiva a ogni sopruso e ingiustizia e il costante invito all’ abbandono fiducioso ai disegni provvidenziali di Dio e al rispetto delle sue leggi.                                                                                                                       Inoltre Manzoni nel personaggio del frate applica il classico “ritratto manzoniano”, dove i particolari fisici sono rivelatori della personalità : il carattere fiero e deciso evidenziato da un capo raso, salvo una piccola corona di capelli, la barba bianca e lunga,che evidenziavano due occhi profondi e incavati che talvolta sfolgoravano come cavalli bizzarri , a fatica controllati da un cocchiere , che  sanno di non poterlo battere e pagano la loro vivacità con una buona tirata di morso.                                                                                                                 
IL NOBILE PRESUNTUOSO : “l’ antagonista” di Fra Cristoforo , perché è a causa sua che morirono lui stesso per mano di Lodovico (Fra Cristoforo), e Cristoforo (servo fedele di Lodovico).                                                    Questo personaggio rappresenta la spavalderia e l’ intolleranza verso le classi inferiori da parte dei nobili.                                                                                                                                   IL FRATELLO DELLA VITTIMA:  in un primo tempo assetato di vendetta (per l’ affronto subito con l’ assassinio del fratello) e poi colpito da tanta umiltà e dal pentimento del giovane che ha scelto addirittura di farsi frate, sacrificando la sua vita ricca e scegliendone una di povertà e sacrifici.
PADRE GUARDIANO :  frate che aiutò Lodovico quando era ferito e che chiese la possibilità al fratello della vittima che Lodovico gli potesse porgere le proprie scuse.                             CRISTOFORO : Servo fedele e devoto di Lodovico , tanto da sacrificarsi per salvarlo.
FOLLA: In questo capitolo compare anche un singolare personaggio , la folla o popolo , che si dimostra sia in occasione del duello , sia in quella della pubblica richiesta di perdono , solidale al frate. La quarta sequenza , appunto si apre con un dialogo della folla per sapere cosa fosse successo o per consigliare al frate di rifugiarsi nel convento. Questo metodo di introdurre “la voce del popolo” prende il nome di VOX POPULIS e avviene mediante un discorso diretto libero.

giovedì 17 marzo 2011

ANALISI DEL SESTO CAPITOLO DEI PROMESSI SPOSI

Il sesto capitolo dei Promessi Sposi è suddiviso in due macrosequenze :
  •                   La prima ambientate nel castello di Don Rodrigo il pomeriggio del 9 novembre.


·         La seconda invece ambientata nella casa di Lucia , nella casa di Tonio e nell’ osteria .


La macrosequenza iniziale è formata da due sequenze di carattere dialogico , la prima delle quali (rig. 1 al 117) consiste nel dialogo tra Fra Cristoforo e Don Rodrigo .
Fra Cristoforo fa visita a Don Rodrigo nel suo castello per chiedergli di non importunare più in alcun modo Lucia , permettendole così di sposare Renzo. Don Rodrigo però non ne vuole sapere e quando Fra Cristoforo capisce che non c’ è più nulla da fare , il colloquio si trasforma in un duello verbale nel quale Don Rodrigo per provocare ancora di più Fra Cristoforo gli suggerisce di far mettere Lucia sotto la sua protezione, nella sua casa . A queste parole Fra Cristoforo non trattiene più la sua indignazione e la vecchia natura del cavaliere si trova d’ accordo con quella del cappuccino ( rig. 74 << l’ uomo vecchio si trovò d’ accordo con quello nuovo …>>) , e predice a Don Rodrigo l’ avverarsi su di lui della giustizia divina : << Lucia è sicura da voi: ve lo dico io povero frate; e in quanto a voi, sentite bene quel ch'io vi prometto. Verrà un giorno...>>Rig. 95 . Alla fine il frate  << rimase immobile , come , al cader del vento , nel forte della burrasca , un albero agitato ricompone naturalmente i suoi rami , e riceve la grandine come il ciel la manda …>> viene cacciato bruscamente fallendo la sua missione, tuttavia don Rodrigo rimane scosso dalle minacciose profezie del cappuccino.
Lo scambio di battute tra il frate e Don Rodrigo  viene definito da Manzoni un vero e proprio duello non solo nel senso di natura morale, ma anche per la gestualità in quanto Don Rodrigo si presenta piantandosi in piedi nel mezzo della sala e Fra Cristoforo si atteggia prima a guardinga umiltà per poi replicare portando avanti il teschietto di legno attaccato sulla corona del rosario , e poi comincia una vera e propria schermaglia che si conclude con un “incrociarsi di lame” ( la mano minacciosa levata del frate , subito bloccata dalla presa di Don Rodrigo).
Manzoni descrive minuziosamente gli atteggiamenti fisici dei due “avversari” ,che rappresentano il duello tra la ragione, la religione contro la prepotenza e la sopraffazione, come se lo vedesse realmente.
Manzoni fa largo uso, in questa sequenza della figura retorica della reticenza per mezzo della quale non termina le battute dei personaggi , bensì le fa immaginare al lettore . Inoltre il nostro scrittore usa una similitudine naturalistica a mio avviso molto bella dove paragona il Frate irato e subito rassegnato al far di Don Rodrigo a un albero agitato dal vento nel bel mezzo di una burrasca , che subito ricompone i suoi rami e riceve rassegnato la gradine.
Quando il frate era in procinto di uscire dal castello per dirigersi verso casa di Lucia, incontra il vecchio servitore di Don Rodrigo che lo trae in disparte e gli riferisce di aver intuito l’ esistenza di un qualche losco piano riguardante la ragazza. Allora il servitore gli promette di recarsi al convento per meglio raccontargli la vicenda. Fra Cristoforo interpreta il dialogo e l’ intervento del servitore come un segnale divino, della PROVVIDENZA, e speranzoso si reca a casa di Lucia.
Manzoni usa la presentazione diretta del servitore per dare risalto al personaggio, che, pur essendo secondario, diviene significativo in quanto svolge la funzione importantissima di rivelare i piani di Don Rodrigo a Fra Cristoforo.
 Al rigo 162 possiamo individuare i primi cenni del tema del capitolo su cui il narratore riflette più volte: la difficile distinzione tra il bene e il male  e se sia giusto usare gesti illeciti per giungere ad un bene più alto. Infatti il servitore di Don Rodrigo riesce a svelare i piani al frate perché aveva  origliato le discussioni private del suo padrone.
Anche la seconda macrosequenza è formata da due sequenze entrambe prevalentemente dialogiche. La prima delle quali è ambientata a casa di Agnese, madre di Lucia, dove espone ai promessi sposi la sua idea per realizzare le nozze. La sua idea consisteva nel recarsi all’ improvviso a casa del curato assieme a due testimoni e proferire la formula di matrimonio davanti al prete e il matrimonio sarebbe stato legale. I due promessi sposi hanno due diverse reazioni a questo piano: Lucia rimane lì ferma immobile con uno sguardo che esprime più meraviglia che fiducia, mentre Renzo vuole sapere come effettuare il piano. Dopo che Agnese spiega loro il piano, Renzo decide di partire subito per andare da Tonio, a chiedergli da fare da testimone.
Manzoni in questa sequenza  ci fa intuire  il tema del capitolo come accaduto prima grazie all’ uso di gesti illeciti, come il matrimonio a sorpresa per raggiungere il bene più alto del matrimonio tra Renzo e Lucia, negato da Don Rodrigo. Lucia, al contrario di Renzo è contraria a questo matrimonio a sorpresa perché non è “alla luce del sole”. L’ ultima sequenza può essere divisa in due parti: la prima, ambientate a casa di Tonio,  la seconda,ambientata all’ interno dell’ osteria.                                                                      Renzo, recatosi a casa di Tonio, lo trova intento a cucinare polenta per la sua numerosa famiglia e lo invita a cenare all’ osteria per discutere da soli. Manzoni, in questa sequenza, ci fa intuire alcuni effetti della crisi economica di quel tempo, come la mancanza di cibo.                                                                                                           Quindi ora il luogo della storia cambia: si passa dal luogo ospitale e caldo della casa, al luogo dell’ osteria, ritenuto un luogo negativo in quanto è proprio nell’ osteria che si formulano intrighi di ogni genere. Il linguaggio in questa sequenza cambia radicalmente, si passa da un linguaggio alto e colto del dialogo tra Frate Cristoforo e Don Rodrigo a un linguaggio popolare. Il cambiamento di stile è reso evidente dall’ uso di proverbi durante il dialogo tra Renzo e Tonio.                                                            Renzo riesce a convincere Tonio a partecipare a quest’ intrigo pagandogli il debito che quest’ ultimo aveva con Don Abbondio. Renzo però non possiede il secondo testimone,  allora Tonio gli propone di chiedere a suo fratello Gervaso. La sequenza, e con essa il capitolo, si conclude con l’ appuntamento che si danno Tonio e Renzo per il giorno successivo.
I luoghi di questo capitolo sono 4 : Il palazzo di Don Rodrigo , la casa di Lucia , la casa di Tonio e
l’ osteria.                                                                                                                                Questi luoghi rispecchiano le condizioni e le contrapposizioni sociali che caratterizzano la vicenda. In questo capitolo, come nel quinto, il palazzotto di Don Rodrigo che ospita il colloquio e il forte contrasto fra Don Rodrigo e Fra Cristoforo costituisce lo “spazio del potere” e ritenuto uno spazio negativo. Manzoni nel quinto capitolo per descrivere il paese e il castello di Don Rodrigo fa uso di molti termini degradati ( come : omacci tarchiati e arcigni … zanne … aizzasse … digrignar le gengive …) e inoltre applica anche una descrizione focalizzatrice, che serve a focalizzare l’ attenzione su un personaggio che abita in quell’ ambiente e che ne rispecchia le caratteristiche. Secondo luogo molto importante è la casa di Lucia, luogo positivo dove gli “umili” organizzano la propria reazione e resistenza alle ingiustizie dei potenti. A questo luogo di calore e familiare possiamo accostare anche la casa di Tonio , che anche se povera e umile , rispecchia le caratteristiche dell’ accoglienza e della sincerità degli affetti .
Infine l’ ultimo luogo è quello dell’ osteria rappresentato da Manzoni come un luogo negativo perché è luogo generatore di inganni .

I personaggi della vicenda sono Don Rodrigo, Fra Cristoforo, il servitore di Don Rodrigo, Agnese, Lucia, Renzo, Tonio.
Don Rodrigo: Don Rodrigo è un personaggio che vive nel crimine e la sua malvagità non conosce limiti. La descrizione del suo palazzo nel quinto capitolo infatti presenta le sue stesse caratteristiche.


Manzoni omette la descrizione fisica di don Rodrigo ad eccezione di tutti gli altri protagonisti del romanzo, come se gli fosse negato il diritto a essere considerato una persona. Certamente questa punizione è più grave di qualsiasi altra condanna esplicita. Anche gli abitanti sono di pessimo carattere e tutti sono malfattori, cosa che sta a sottolineare la condizione di vita di don Rodrigo, capo di questa organizzazione. Signorotto locale, potente e meschino, mosso dall'orgoglio di casta e dal terrore della superstizione, la sua forza non è reale ma è costituita dai Bravi, che nascondono la sua debolezza. Infatti prova un “misterioso timore “ dinanzi alle parole minacciose di Fra Cristoforo.


Fra Cristoforo: è il primo personaggio storico del romanzo , la prima cioè di quelle figure realmente esistite che Manzoni riprende e adatta alla sua opera letteraria.                                                     
Le principale caratteristiche morali di Fra Cristoforo sono: l’ avversione attiva a ogni sopruso e ingiustizia e il costante invito all’ abbandono fiducioso nei disegni provvidenziali di Dio, rispettandone incondizionatamente le sue leggi.                                                                                                                       Inoltre Manzoni nel personaggio del frate applica il classico “ritratto manzoniano”, dove i particolari fisici sono rivelatori della personalità: il carattere fiero e deciso evidenziato da un capo raso, salvo una piccola corona di capelli, la barba bianca e lunga, che evidenziavano due occhi profondi e incavati che talvolta sfolgoravano come cavalli bizzarri, a fatica controllati da un cocchiere, che  sanno di non poterlo battere e pagano la loro vivacità con una buona tirata di morso descrizione presente nel quarto capitolo.

Lucia: è rappresenta come la classica brava ragazza religiosa; già dai diminutivi con cui descrivono la sua casa si capisce che genere di persona sia. E’  una giovane molto accorta ed è molto religiosa, determinata e riflessiva.
Renzo: è un giovane che conosce la vita solo nei suoi aspetti più semplici e consueti, la fatica del lavoro e la forza degli affetti. Renzo è rimasto orfano in giovane età, è abituato a badare a se stesso e si è creato un onesto lavoro, una sicurezza per sé e per Lucia. È un ragazzo di indole buona, ha tuttavia un temperamento impetuoso, incline a scatti e a ribellioni improvvise. Si tratta di esuberanza più che di prepotenza. Renzo possiede una naturale intelligenza e furbizia che lo aiutano nei momenti critici. Renzo è incline a giudicare il prossimo con ottimismo, ma quando è sicuro di essere oggetto d'ingiustizie si ribella, mettendo in moto la sua scaltrezza. Contro il rivale, Don Rodrigo, si scaglia furiosamente, ma alla fine il suo equilibrio e la sua fede in Dio lo inducono a perdonare.

Agnese: Il suo carattere deciso e sbrigativo, unito ad un'esperienza di vita che forse ella sopravvaluta, la porta ad una sicurezza di giudizio che non sempre si rivela esatta; la sua sollecitudine e l'amore per la figlia Lucia, velati da un riserbo proprio delle persone abituate ad una vita semplice e ridotta ai valori essenziali, la sua facilità di parola e la sua spontaneità, costituiscono un marchio inconfondibile.

Il servitore di Don Rodrigo: è presentato direttamente dal narratore per dare risalto al suo personaggio, che, pur essendo secondario, diviene significativo in quanto svolge la funzione importantissima di rivelare i piani di Don Rodrigo a Fra Cristoforo.

Tonio : amico di Renzo si trova nei guai perché deve 25 lire a Don Abbondio , allora Renzo  decide di aiutarlo in cambio della sua collaborazione per il matrimonio a sorpresa.